LEADERSHIP: COSA SIGNIFICA?

Parlare di leadership e del suo significato espone sempre chi lo fa al doppio rischio di essere banale o eccessivamente semplificatore.
Cercheremo quindi di dare una definizione di leadership e di leader affidandoci a due compagni di strada importanti, A. Sen e E. Goldberg: grazie a loro cercheremo non solo di capire cosa significhi "leader" ma, soprattutto, di comprendere quali sono i passaggi chiave per costruire una leadership che porti valore alla comunità e alle organizzazioni.
Dai loro libri, "Un'idea di Giustizia" del primo e "Sinfonia del cervello" del secondo abbiamo tratto le basi per il nostro punto di vista e per la nostra teoria di ‘coaching’.
Innanzi tutto una precisazione fondamentale: leader è colei o colui che vive con gli altri e per gli altri; parlare o pensare a una o un leader che non abbia come unico obiettivo quello di portare valore ad un gruppo o a una comunità (organizzazione) è semplicemente una contraddizione in termini.
Questo ci aiuta a sgombrare il campo da equivoci: parliamo di leadership solo ed esclusivamente in presenza di un obiettivo di benessere comune e non individuale (utile solo a chi lo persegue).
Non abbiamo nulla da obiettare verso chi cerca il benessere per se stesso, ma, semplicemente non riteniamo di doverlo includere in un discorso sulla leadership.
Definito questo veniamo ora a quali sono, dal nostro punto di vista le caratteristiche di un leader.
Il leader è colei o colui che ha la capacità di comprendere i diversi mondi interiori: il proprio e quello delle persone con cui ha avuto, ha o avrà (cercherà di avere) una relazione. E' colei o colui che sa osservare e interpretare costantemente il proprio stato mentale e intuire, altrettanto continuamente, quello altrui, per gestire al meglio tutte le sue interazioni sociali.
Ella o egli è in grado di formarsi una "teoria della mente collettiva" di sè e degli altri, dove per altri intendiamo sia la parte che la controparte: quelli a cui deve portare valore, i membri del suo gruppo e della sua comunità/organizzazione, e quelli con i quali dovrà confrontarsi e a volte contrattare e trovare un compromesso, a volte combattere.
Quando un leader si trova a osservare il suo esterno lo fa in due direzioni, in una per esplorare le aspettative e i desideri della sua comunità, nell'altra per capire in anticipo i pensieri e le mosse di chi dovrà affrontare sul campo, sul mercato o in qualsiasi terreno di confronto.
Osservare, anche per capire le capacità in campo, quelle a suo favore e quelle contro, e quelle che invece pur necessarie, per raggiungere il valore atteso, non sono presenti ma devono essere acquisite o sviluppate.
Si troverà pertanto prima a cercare e poi a utilizzare tutte le capacità di cui è dotato, lui personalmente, e tutte quelle disponibili tra le persone che gli stanno attorno. Non solo cercare ma, sottolineiamo UTILIZZARE per evidenziare la necessità di una concretezza nel trasformare in funzionamenti (comportamenti) tutte le virtù potenziali che sono state individuate; trovarle solamente è uno sforzo vano se non si è in grado di costruire un sistema organizzativo fatto di libertà e opportunità, diverso da individuo a individuo, dove esse possano agire e trasformarsi in risultati.
Tutto questo non avviene per caso e non può basarsi solo sul carisma del comunicatore che spesso sa solo dire ciò che le persone vogliono sentirsi dire. No tutto questo parte da una comprensione del proprio sè e dei suoi confini che definiscono anche il non sè.
Sè e non sè uniti in un’unica vista: chi sono io cosa so fare, fino a che punto arrivo con le mie risorse e con la mia azione, cosa io voglio veramente e chi sono e cosa vogliono le persone che mi stanno attorno, quali le loro aspettative i loro desideri le loro capacità e il loro modo di trasformare quest'ultime in comportamenti.
Dove posso arrivare io e dove ho necessità di aiuto, i limiti del mio possibile e i contorni del mio impossibile.
Il passaggio della comprensione del sè e non sè è la chiave per lo sviluppo della leadership. In primo luogo perchè, come già detto nei post precedenti solo sapendosi osservare sia ha la chiara consapevolezza di ciò che vogliamo e di ciò che possiamo, essere fare e avere. In secondo luogo perchè comprendere se stessi è un modo per pulire le lenti con cui guardiamo gli altri, e osservarli per quello che sono veramente e non per quello che vorremmo che fossero.
Significa capire davvero la differenza tra ciò che voglio io e che vogliono gli altri, tra che cosa è veramente di valore per la comunità e cosa invece rappresenta una mia aspettativa, tra il dire ciò che gli altri vogliono sentirsi dire per un desiderio di facile e immediata notorietà e centralità sociale (il sè) e quello che invece è davvero buono per la comunità (il non sè).
Il vero leader è centrato su di sè, non si alimenta di energie esterne ma ha la forza e la solidità per bastare a se stesso e spendersi per realizzare il benessere e il valore per gli altri: non ha fame di consenso immediato ma anzi, è forte al punto di resistere al non consenso, o peggio al dissenso, del momento consapevole di quanto può portare alla fine della sua azione.
Abbiamo trattato la “gestione della leadership” in un altro articolo, prendendo spunto dal maestro Sun Tzu.
